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4 novembre, ripudiamo la guerra

Il 4 novembre di ogni anno viene celebrato il crimine di Stato più meschino e diabolico: la guerra! Un crimine che viene alimentato oggi come ieri con la retorica nazionalista della “vittoria” per il massacro avvenuto in Europa 100 anni fa nella Prima Guerra Mondiale.

Noi antimilitaristi rifiutiamo il nazionalismo in tutte le sue forme come quelle sovraniste e populiste, condanniamo il coro patriotico che celebra il centenario dell’immane carneficina che portò milioni di morti, mutilati, invalidi, dispersi, fucilazioni di massa, fosse comuni, devastazioni ambientali. Condanniamo la mitizzazione dei criminali in divisa come Cadorna e Graziani, Badoglio e Rommel che ebbero poi ruoli centrali nelle dittature fasciste nate sulle macerie del conflitto.

La retorica nazionalista, sessista e razzista, insieme a quella sovranista della difesa delle frontiere è di nuovo tornata predominante nel discorso pubblico, facendo dimenticare velocemente l’ubriacatura della globalizzazione neo liberista che ha illuso milioni di persone sulla dissoluzione delle frontiere. Le manipolazioni della storia tornano ancora più prepotenti, cancellando le singole storie di milioni di vittime della guerra. Riflettere su tutto ciò è indispensabile per rovesciare i miti di superiorità che i sovranisti stanno diffondendo con lugubri festeggiamenti e provocazioni di stampo fascista.

Le spese militari negli ultimi tre anni sono aumentate dell'8,2%, quest'anno il Ministero della Difesa ha speso 21 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere 5,7 miliardi di euro per l'acquisto di nuovi armamenti. Tra i programmi di riarmo in corso i più ingenti sono le nuove navi da guerra della Marina, tra cui la portaerei Thaon di Revel, i carri armati ed elicotteri da attacco dell’Esercito, e gli aerei da guerra Typhoon e i nuovi F-35. L'Italia nel 2018 ha speso per fare la guerra quasi 27 miliardi di euro. I soldati italiani in Libia stanno operando per impedire a donne, uomini e bambini di scappare dalla guerra, dalle persecuzioni e dalla fame. Tra queste persone ci sono anche i disertori dagli eserciti e dalle milizie che seminano morte in alcuni Paesi; a queste persone che dicono signorNO non viene riconosciuto dall'Italia il diritto all'asilo e da qualche giorno non viene riconosciuta la protezione umanitaria.

Oggi, il centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale, diamo memoria a tutte le persone che hanno disertato la guerra. Diamo memoria a tutte le donne e a tutti gli uomini che provarono a fermare la guerra: chi rifiutò di sacrificarsi per i profitti e fanatismi altrui e chi scese in piazza chiedendo pane e pace sfidando la prigionia e la deportazione. Chi semplicemente e giustamente scappò dalle atrocità della guerra, chi disertò e fu ammazzato dal fanatismo guerrafondaio.

Nel luglio del 1914, il movimento politico delle donne di 26 Paesi - raccolto nella International Woman Suffrage Alliance - inviò un documento a tutti i Governi esprimendo un'opposizione netta ad un evento valutato, immediatamente, nella sua drammatica portata e interpretato come una rottura della civiltà. Parole come “grande scacco”, “immane disastro”, “angoscia”, “orrori della guerra”, “annegamento nel sangue” riecheggiarono in Europa ma rimasero inascoltate.

470mila giovani italiani non risposero alla chiamata alle armi. In 370mila emigrarono e non tornarono mai più in Italia. Nel Meridione i ragazzi sfuggiti alla leva si organizzarono nelle zone rurali dove la presenza dello Stato era meno capillare, salvandosi così dalle atrocità della guerra.

All'inizio della guerra duemila giovani appena arruolati decisero di disertare e si resero irreperibili. Nel corso della guerra il numero di disertori aumentò in maniera considerevole. I giovani si finsero malati, “pazzi” o si auto inflissero delle ferite non volendo tornare più ad imbracciare un fucile per ammazzare un loro fratello. Antonio Gibelli ne La Grande Guerra degli Italiani scrive «La malattia mentale rappresentava una forma di fuga, l'estremo rifugio per soldati che non avevano altro mezzo per sottrarsi all'inesorabile meccanismo della guerra, agli arbitrii e alle angherie dei superiori e al pericolo di vita».

Nelle trincee durante gli attacchi, alle spalle dei soldati, c'erano i plotoni di carabinieri che sparavamo alla schiena a chi si rifiutava di andare all'assalto per mutilare, straziare e ammazzare. La storiografia per decenni ha negato le migliaia di esecuzioni capitali per diserzione che avrebbero oscurato la retorica della nazione sovrana. Quando a ribellarsi non era più il singolo ma erano intere brigate i comandi instaurarono la pratica della decimazione come è stato raccontato da Francesco Rosi in Uomini contro o da Stanley Kubrick in Orizzonti di gloria e come è successo alla Brigata Catanzaro quando il comando fece giustiziare sul posto 12 soldati scelti a caso e i restanti 123 furono mandati davanti al Tribunale Militare: ventuno furono giustiziati.

Oggi iniziamo un percorso per dare memoria alle singole storie delle tante compagne che si batterono per la pace e diamo memoria alle singole storie dei tanti compagni e di tutti giovani uomini che scelsero di non fare la guerra sacrificando la loro vita per la pace.

Luigi Mauro Castagna, compagno anarchico mantovano, fu condannato a morte perché il 24 maggio 1915 si rifiutò di uccidere. Ecco un breve passaggio da Lui scritto

Nessuno ricorda l'obiezione di coscienza avvenuta a Cima Campo nel Trentino il 24 maggio 1915 da parte di un soldato del IX Reggimento Artiglieria da Fortezza?

Ebbene sono qui io a ricordarlo.

Ah! perché non ci sono stati dei morti!

Ma appunto perché non ci sono stati dei morti da nessuna parte io credo che il mio “rifiuto di obbedienza” acquisti un significato di particolare importanza.

Maggio 1915. Mentre la guerra fratricida infuriava ovunque, trascinando con se – come una fatalità primitiva – molti, anche tra i migliori, io, avevo vent'anni, pressoché analfabeta, mi opposi al rischio della vita. Ero soldato, ero al fronte: non volevo fare la guerra, volevo un mondo felice.

Penso che, nel frangente, di fronte ad una multimillenaria tradizione e ad un ideale di convivenza sociale altamente civile, io ho fatto il mio “dovere”.

MI SONO CONDOTTO DA UOMO!

Comunque, sono felice di avere incontrato degli uomini la ove mi si voleva fare temere di avere dei nemici.

Ho il piacere di poter ripetere -dopo molti anni- ancora: FEDE NELL'UMANITÀ! PATRIA IL MONDO INTERO!

Cittadine e cittadini: ripudiamo la guerra!!

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